Foscolo l’eroe romantico che intreccia biografia e fantasia
Pubblicato su Valsugana News marzo 2022
Poeta raffinato, sognatore passionale e idealista disilluso, Ugo Foscolo è stato uno dei protagonisti della vita politica e letteraria italiana tra Settecento e Ottocento.
Ugo Foscolo nacque nell’isola greca di Zacinto nel 1778; il nome di battesimo era Niccolò, ma a lui non era mai piaciuto tanto che all’età di 16 anni decise cambiarlo. Viveva col padre, la madre e il fratello Giovanni.
Foscolo, già da bambino mostrava un carattere indomito: infatti all’età di 10 anni, era stato protagonista di una vicenda che ha dell’incredibile.
Un giorno la popolazione dell’isola aveva deciso di dare l’assalto al ghetto ebraico: anche allora, come successe più volte nella storia, si individuava nella popolazione ebraica un comodo capro espiatorio.
Mentre la popolazione inferocita stava per sfondare le porte del ghetto, il giovanissimo Foscolo saltò sul muro di cinta e si mise a urlare alla folla:
“Vigliacchi, indietro, vigliacchi!”.
Le parole urlate di quel bambino arrampicato sul muro sortirono un incredibile esito: la folla si bloccò e, dopo un attimo di disorientamento, gli aggressori si dispersero e gli ebrei del ghetto furono salvi.
Intorno ai vent’anni Foscolo si trasferì a Venezia, dove diede il suo contributo nella gestione politica della sua città. Erano gli anni dei sogni repubblicani importati direttamente dalla Francia rivoluzionaria. Ai patrioti italiani era stato raccontato che Napoleone Bonaparte portasse in Italia il modello della repubblica francese: si creavano le Repubbliche sorelle.
Bonaparte era visto dagli italiani come un liberatore e Foscolo si impegnò politicamente e militarmente, in attesa che l’Italia potesse avere finalmente un governo italiano.
Ma nell’ottobre del 1797 Napoleone firmò il Trattato di Campoformio con il quale cedeva la Repubblica di Venezia all’Austria: la Serenissima era diventata merce di scambio nella politica europea di Napoleone!
In quel momento fu chiaro a tutti che il generale corso non era un generoso liberatore, ma uno spietato conquistatore.
Intanto tutti quelli che a Venezia avevano collaborato col governo giacobino erano finiti nelle liste di proscrizione degli austriaci. Anche Foscolo fu costretto a lasciare la città e si rifugiò sui colli Euganei, per sfuggire alle persecuzioni.
Una delle caratteristiche dell’arte di Foscolo è quella di mescolare la realtà e la fantasia. Nell’inizio del suo romanzo “Ultime lettere di Jacopo Ortis” anche il protagonista, Jacopo, vive la stessa situazione: dopo aver combattuto coi francesi, va in esilio sui colli Euganei dopo il Trattato di Campoformio.
Ma qual è allora il confine tra realtà e fantasia? Dove finisce la storia di Ugo e inizia la vicenda di Jacopo?
Questo non è affatto chiaro, a Foscolo piace sempre mescolare le carte e qui è evidente che nell’animo di Ortis vibrano le stesse emozioni di Ugo.
Dopo la fuga da Venezia, iniziò per Foscolo un periodo caratterizzato da viaggi e dal servizio attivo nell’esercito francese. Nel 1801 la sua vita fu scossa da un evento drammatico: la morte del fratello. Giovanni era nell’esercito napoleonico e aveva perso una cifra considerevole al gioco; per far fronte al debito però aveva rubato i soldi dalla cassa del reggimento. Quando venne scoperto l’ammanco, il giovane si uccise.
Nei primi anni dell’Ottocento visse tra Milano e Bologna, conobbe i letterati più in vista dell’epoca e collaborò con diversi giornali.
Ugo Foscolo era un uomo di grande fascino, con un carattere ruggente e indomito. Sognava l’Italia unificata e mentre combatteva per le repubbliche italiane, affidava i suoi sogni ai suoi scritti e le sue passioni alle donne.
Molte furono le dame con cui si legò e a cui dedicò dei piccoli capolavori letterari. Quando un’amica ebbe un brutto incidente, lui compose per lei l’ode A Luigia Pallavicini caduta da cavallo e per un’altra gentildonna scrisse All’amica risanata.
Nonostante le numerose relazioni amorose, Foscolo non riuscì mai a costruire un rapporto duraturo. Da eroe romantico lui seguiva ideali e passioni, ma non riusciva a trovare stabilità. Il “bel tenebroso” era destinato a restare solo.
Il suo unico legame duraturo fu quello con la figlia Mary, frutto di una relazione con una giovane donna inglese.
Foscolo aveva compreso che Napoleone voleva solo sfruttare la penisola, per questo motivo i suoi rapporti con il governo filofrancese della Repubblica cisalpina erano spesso tesi e problematici. Ma nonostante le frizioni, Ugo Foscolo continuava a collaborare con il Ministero della Guerra francese. Faceva parte dell’armata che avrebbe dovuto invadere l’Inghilterra.
Tra donne, letterati e impegni militari, Foscolo trovò comunque il tempo di dedicarsi alla scrittura e all’inizio dell’Ottocento pubblicò le Ultime lettere di Jacopo Ortis, le poesie, alcune opere teatrali e il carme Dei sepolcri.
Apprezzato per i suoi scritti, nel 1808 venne nominato professore all’università di Pavia. Lui sognava quella cattedra perché era convinto che la letteratura avesse un ruolo morale e politico nella società. Ma l’insegnamento non riuscì a domare quella sua natura da eroe romantico e neppure il carattere irruente e inquieto.
Le sue intemperanze non gli permisero di mantenere rapporti sereni né con gli intellettuali dell’epoca né col governo e quando venne messa in scena la sua tragedia Aiace, il governo la censurò a causa di alcune allusioni ritenute antifrancesi.
Ma quando il “tornado” Napoleone venne sconfitto, gli austriaci tornarono a governare in Italia; il governo di Vienna auspicava la collaborazione di Foscolo per due motivi.
Innanzitutto il poeta era andato spesso in opposizione a Napoleone e questo lo rendeva apprezzato dall’Austria.
Inoltre Foscolo era molto amato dagli italiani; per questo sarebbe stato un bel colpo per il nuovo governo convincerlo a collaborare. Gli offrirono la possibilità di entrare nella politica culturale del nuovo stato, ma Foscolo rifiutò. Lui sognava un’Italia libera da governi stranieri e non era un uomo dalle mezze misure. Piuttosto che piegarsi, preferì lasciare l’Italia.
Se ne andò quindi per un nuovo esilio volontario che lo portò prima in Svizzera e poi a Londra. Qui venne accolto dall’ammirazione degli intellettuali inglesi e ebbe la gioia di riabbracciare anche il suo unico vero affetto: la figlia Floriana.
In Inghilterra portò a compimento alcune delle sue opere e pubblicò molti articoli e saggi su Dante, Petrarca e altri.
Ma tutto il suo lavoro letterario non gli garantiva entrate sufficienti per mantenersi. Finì quindi presto nei guai con i creditori e dovette scappare, trovando rifugio nei quartieri più miseri di Londra. Qui si ammalò e morì nel 1827 assistito dalla figlia.
Nel 1871 le sue ossa vengono traslate a Firenze, nella chiesa di Santa Croce, fra le tombe dei grandi, quelle “urne dei forti” che lui aveva cantato nel carme Dei Sepolcri.
Ugo Foscolo fu un grande uomo, idealista e onesto, che perseguì tutta la vita i suoi valori. Fu forse il primo intellettuale italiano a sognare un’Italia unita e governata dal popolo italiano: un sogno che anticipava la storia di circa mezzo secolo.
Se vuoi saperne di più su Foscolo clicca qui