Medioevo: età di mezzo
La parola Medioevo vuol dire Età (evo) di mezzo (medio) fra l’Antichità greco-romana e l’Età moderna. È chiamato quindi Medioevo il lungo periodo che intercorre tra il crollo dell’Impero Romano di Occidente nel 476 d. C. e la scoperta dell’America 1492. Il medioevo dura poco più di mille anni e gli storici lo dividono convenzionalmente in Alto Medioevo (476 – 1000) e Basso Medioevo (1001 – 1492).
Il crollo dell’impero romano d’Occidente
Nel 395, alla morte dell’imperatore Teodosio, l’impero romano era stato diviso tra i suoi due figli: a Onorio furono assegnati i territori occidentali con capitale Roma, mentre ad Arcadio quelli orientali, con capitale Bisanzio.
Nel IV secolo l’impero romano d’Occidente è in decadenza e durante il secolo successivo subisce diversi attacchi da parte di popolazioni provenienti dall’area nordorientale. Alla fine del IV secolo d.C. gli Unni, un popolo di origine asiatica guidati dal temerario Attila, invade l’Europa, seminando panico e distruzione.
I popoli germanici, impauriti dagli Unni, premono sui confini dell’Impero Romano d’Occidente. Progressivamente i cosiddetti barbari si integrano con le popolazioni dell’Impero Romano e nel corso del V secolo i popoli germanici fondano numerosi regni (chiamati regni romano-germanici) in Occidente. I più importanti sono il regno dei Visigoti in Spagna e quello dei Vandali in Africa.
La parola barbaro proviene dal termine greco antico: βάρβαρος, in latino bárbaros: è la parola onomatopeica con cui gli antichi greci indicavano gli stranieri che balbettavano qualcosa nella loro lingua – letteralmente i “balbuzienti” – cioè coloro che non parlavano greco, e quindi non erano di cultura greca |
Nel 476 d.C. il generale di stirpe germanica Odoacre depone l’imperatore romano Romolo Augustolo e invia le insegne imperiali, simbolo del potere imperiale a Bisanzio. Questa data segna la fine dell’impero romano d’Occidente ed è quindi considerata la data di inizio del Medioevo.
La caduta dell’impero romano d’Occidente lascia solo distruzione e rovina: le campagne si spopolano, le città cadono in rovina e i commerci si fermano. Durante dell’Alto Medioevo le città sono poche, i villaggi piccoli e poveri, i boschi estesi e le strade malridotte. La povertà è molto diffusa.
La popolazione nel Medioevo
Il Medioevo inizia e finisce con un calo della popolazione, il secondo, nel XIV secolo, molto più grave del primo tra il VI e il-VIII secolo. Entrambi sono causati da flagelli come la guerra, la carestia, le malattie infettive, fra cui la più terribile è l’epidemia di peste nera che colpisce l’Europa nel Trecento. Ma tra questi due periodi in cui si registra un crollo demografico, si registra un importante aumento della popolazione europea che tra il X e il XIII secolo porta quasi a raddoppiare il numero degli abitanti dell’Europa.
La società medievale
La società medievale è divisa in tre ordini (clero, nobili, contadini) che si credono voluti da Dio. Ogni ordine ha leggi, doveri e comportamenti differenti:
- il clero, gli oratores: costituito da coloro che pregano per l’intera società; solo i membri del clero sanno scrivere e leggere. A loro il compito di tramandare la cultura del passato durante i secoli difficili dell’alto medioevo,
- la nobiltà, i bellatores (da bellum – guerra) costituito dai guerrieri, dai cavalieri, dai membri delle famiglie più antiche, che dispongono di armi e che combattono per difendere l’intera società;
- il popolo o laboratores, costituito dalla totalità della popolazione che lavora per nutrire tutta la società. Il lavoro manuale nella società medievale è considerato un’attività umile adatta solo alla classe inferiore.
Il monachesimo
La caduta dell’impero romano d’Occidente aveva lasciato solo distruzioni e rovine: le campagne erano spopolate, le città rovinate e i commerci inesistenti.
Fu in questo periodo che il monachesimo si diffuse in Europa. San Benedetto, infatti, nel 529 fondò la prima comunità di monaci a Montecassino (nel Lazio).
I monaci si dedicavano alla preghiera e al lavoro manuale. Nei monasteri, inoltre, i monaci copiavano a mano le opere degli antichi autori greci e latini: in questo modo molti testi si sono salvati e sono arrivati fino a noi.
Il sistema curtense
In Europa dopo la caduta dell’Impero romano, le invasioni barbariche e il peggioramento del clima portarono ad una progressiva diminuzione della popolazione nelle aree urbane e ad una diversa distribuzione popolazione sul territorio. Vennero abbandonate molte terre coltivate e si assistette all’esodo delle popolazioni dalle città alle curtis.
La curtis corrisponde al possedimento di un singolo proprietario. La dimensione delle curtis può variare anche molto da poche decine a qualche centinaio di ettari di terre. Le curtis appartenevano a un dominus, un signore che poteva essere il re, la chiesa o un signore locale. Si calcola che Carlo Magno possedesse alcune centinaia di curtes nella Francia nord orientale.
Ogni Curtis era divisa in due parti: la pars dominica cioè la parte riservata al padrone e gestita da lui direttamente attraverso il lavoro dei suoi servi, e la pars massaricia cioè la parte affidata in concessione a servi o a contadini liberi.
La pars Dominica comprendeva la residenza del signore, gli alloggi dei servi, il mulino, il forno, il frantoio, i laboratori per la costruzione e la riparazione di strumenti e di oggetti.
Tutto intorno vi erano le terre arabili, vigneti, orti e frutteti. Le terre non coltivate adibiti a pascolo i boschi dove venivano allevati i maiali allo stato brado. Questi animali, come tutti quelli di allevamento erano però diversi da quelli che conosciamo noi (i maiali medievali, ad esempio, erano di taglia piccola ed erano simili ai cinghiali).
L’altra parte del territorio e la pars massaricia, era divisa in mansi. I mansi erano dunque dei piccoli appezzamenti di terreno con al centro la casa dei contadini. I mansi potevano essere di due tipi:
- I mansi ingenuili se affidati a contadini liberi,
- I mansi servili se affidati a servi che godevano di una certa autonomia.
In cambio del terreno e della protezione, servi e contadini liberi avevano degli obblighi nei confronti del padrone:
- dovevano versare al loro signore parte del prodotto raccolto – la parte era variabile, a seconda dei prodotti, della metà a un decimo di prodotto;
- lavorare i terreni della pars dominica prestando un certo numero di giornate lavorative chiamate corvè;
- pagare diversi tributi, in natura o in denaro, per usare il forno, per usare il mulino, per raccogliere la legna, per spostarsi.
Gli abitanti delle curtis erano chiamati servi della gleba. Si trattava infatti di contadini che erano legati alla Terra. Avevano l’obbligo di risiedere nelle terre del signore e non potevano muoversi liberamente. Quando il signore vendeva la sua proprietà anche i servi passavano al nuovo padrone, assieme alla terra.
Un’economia di sussistenza
L ‘economia curtense era sostanzialmente un’economia chiusa in cui gli scambi commerciali erano rari. Per questo viene anche definita dagli economisti economia di sussistenza. Infatti il suo scopo era la semplice sopravvivenza della popolazione, non il suo arricchimento che è possibile solo con il commercio.
Ad ostacolare il commercio concorrevano diversi fattori:
- le pessime condizioni delle strade infestate briganti;
- i tributi che i vari signori locali imponevano per consentire il passaggio delle merci sui loro territori;
- la scarsa disponibilità di denaro.
Non bisogna dimenticare che gli scambi commerciali avvenivano per lo più tramite il baratto uno strumento che ostacolava molto lo sviluppo dei commerci.
Le curtis producevano tutto quello che era necessario alle esigenze degli abitanti: vino olio, ortaggi, cereali, frutta. Questa scelta dava dei vantaggi ma anche degli innegabili svantaggi. Se da un lato rendeva la curtis autosufficiente, dall’altro provocava la forzatura delle colture in terreni poco adatti o in condizioni climatiche sfavorevoli.
Questo determinava, insieme allo scarso livello delle tecniche agricole, la bassa produttività dei terreni. Prima dell’anno Mille le rese agricole si aggiravano attorno all’1 per 3, cioè per ogni misura di cereali seminata se ne producevano tre.
In questo contesto era quindi impossibile accumulare adeguate scorte alimentari. Il fatto è drammatico se si pensa che le carestie e le epidemie erano frequentissime. Il mondo rurale era quindi dominato da un’unica grande ossessione: la fame.
Il Sacro romano impero
Nel 772 Carlo, figlio di Pipino, divenne il nuovo re dei Franchi. Nel 773 papa Adriano I chiamò Carlo in suo aiuto perché Desiderio, il re longobardo che dominava su parte della penisola italica, minacciava nuovamente i territori del papa nell’Italia centrale.
Carlo allora scese con il suo esercito in Italia e sconfisse i Longobardi nel 774. In seguito conquistò altri territori in Europa: per queste imprese fu definito Magno, cioè il “Grande”. La capitale del regno fu posta ad Aquisgrana.
La notte di Natale dell’anno 800 Carlo fu incoronato imperatore dal pontefice Leone III. In Occidente nasceva quindi un impero cristiano (perché fondato sull’alleanza con la Chiesa) e romano (perché erede dell’impero romano d’Occidente).
Il feudalesimo
L’impero di Carlo era troppo grande per essere governato da una sola persona: egli perciò lo divise in contee e marche, amministrate da uomini di sua fiducia. Alla loro morte, però, i terreni ritornavano in possesso dell’imperatore.
Sotto il regno di Carlo rifiorì l’economia, basata sull’agricoltura. Si affermarono in particolare le curtis, aziende agricole che sfruttavano il lavoro dei servi della gleba. Con la fondazione della Schola palatina, anche la cultura conobbe un periodo di rinascita.
Con la morte di Carlo magno il Sacro Romano Impero venne diviso in tre parti.
Il trattato di Verdun stabilì le seguenti suddivisioni:
- Lotario divenne imperatore della Francia, della Germania e di parte dell’Italia;
- Ludovico “il germanico” fu sovrano dell’impero orientale;
- Carlo “il calvo” ottenne l’impero occidentale.
In questi anni però il sacro romano impero divenne sempre più debole. I tre regni separati non seppero mantenere nessun tipo di legame. Inoltre i tre sovrani non riuscirono più a gestire i nobili proprietari terrieri a cui erano stati affidati i feudi. I feudatari quindi diventarono sempre più autonomi. Con Carlo Magno i feudi, alla morte del feudatario, tornavano nelle mani dell’imperatore. Ma Carlo il calvo decise invece di consentire l’ereditarietà dei feudi, che divennero quindi piccoli regni autonomi.
Il sistema feudale era rigorosamente gerarchico:
- il feudo era il terreno concesso ai vassalli (i nobili proprietari) dall’imperatore;
- i vassalli a loro volta affidavano i propri terreni ai valvassori;
- i valvassori infine assegnavano i terreni ai valvassini;
Il vassallaggio era nato come un patto di fedeltà tra il vassallo e l’imperatore. Dopo la morte di Carlo Magno, il vassallo diventò progressivamente sempre più indipendente.
Il feudatario svolge dei compiti per conto del sovrano:
- riscuote i tributi,
- amministra la giustizia,
- recluta i soldati.
Il Re ha bisogno della fedeltà di signori e funzionari e questo rapporto viene formalizzato e istituzionalizzato.
Dopo l’anno Mille, nelle città rinate e ingrandite, si forma un nuovo gruppo sociale cittadino, che si dedica a produrre e a commerciare e diventa ricco e potente. Ne fanno parte i borghesi: mercanti, banchieri, giudici, notai, avvocati, medici, artigiani, che abitano nel borgo della città, cioè in quel nucleo di case che viene costruito solitamente a ridosso delle mura della città.
Questa nuova classe sociale ha alcune caratteristiche comuni a tutti i tre ordini della società medievale ma si distingue da ognuno di essi.
I borghesi:
- apprendono l’uso delle lettere (cioè sanno leggere e scrivere, abilità necessarie alla loro attività professionale) come i rappresentanti del clero;
- apprendono l’uso delle armi in quanto devono difendere le proprie mercanzie e le proprie attività, come i nobili;
- lavorano come i rappresentanti del popolo.
Guelfi e ghibellini
Nella prima metà del XXI secolo due gruppi opposti si contendevano il potere in area germanica: i guelfi e i ghibellini.
I ghibellini sostenevano il potere imperiale e volevano evitare sia l’invadenza del potere papale che la forza dei potenti feudatari.
I guelfi invece sostenevano la supremazia del potere papale su quella di ogni altro re o imperatore.
Waibling e Welfen
Nel 1125, quando morì l’imperatore Enrico V, nell’area tedesca dell’attuale Germania, la successione al trono provocò una spaccatura che diede origine a due partiti.
Da una parte c’erano i signori di Waibling e di Svevia, gli Hohenstaufen, dall’altra i Welfen, i duchi di Baviera.
Dai primi deriva il nome ghibellini, dai secondi il nome guelfi.
I ghibellini erano ostili alle ingerenze papali, mentre i guelfi apprezzavano l’interesse papale e erano favorevoli a stringere accordi politici con Roma.
famiglia | partito | atteggiamento |
signori di Waibling | ghibellini | anti – papale |
Welfen | guelfi | filo – papale |
In area germanica prima prevalsero i Welfen poi invece le situazioni si ribaltarono e si accese un conflitto destinato a durare per decenni.
Nel 1152 venne eletto al soglio imperiale Federico Barbarossa che pacificò le tensioni perché lui era imparentato con entrambe le famiglie.
Ma il Barbarossa si pose subito in decisa contrapposizione col papato tanto che quello che era nato come un conflitto in area germanica si trasformò in un conflitto più ampio.
In Europa c’era chi sosteneva che il papato dovesse preoccuparsi solo delle questioni spirituali e lasciare la politica all’imperatore, i ghibellini, e chi sosteneva che il papa fosse la massima autorità sulla terra e per questo il suo potere era indiscutibile: i guelfi.
Questa nuova fase del conflitto venne giocata, o meglio combattuta, in terra italiana.
Federico Barbarossa infatti scese più volte in Italia per combattere contro il papato e contro i Comuni ribelli i quali, per questo, si schierarono col partito guelfo.
Guelfi e ghibellini in Italia
Quando il potere imperiale venne assunto da Federico II, nipote del Barbarossa, la contrapposizione tra guelfi e ghibellini si fece sempre più accesa.
Comuni, famiglie, città, scelsero da che parte stare e aderirono alternativamente a uno dei due partiti, non per motivi ideologici, ma per contrasti di ordine politico, sociale o economico.
Nel centro e nel Nord della penisola italica i Comuni erano spesso in conflitto tra loro: frequenti guerre vedevano opporsi le città tra loro oppure con i territori circostanti.
In questi conflitti, i vari comuni si schierarono a volte con l’imperatore altre col papa, ora col papa, per interessi economici e politici.
Guerre e battaglie insanguinarono le terre italiche in quegli anni e Dante nella sua opera ne dà frequenti testimonianze.