La nascita della poesia in Toscana
Il Dolce Stil Novo è una corrente poetica che prende forma e si sviluppa durante la seconda metà del 1200, ma il movimento stilnovista influenzerà la poesia italiana nel corso dei secoli successivi.
Gli stilnovisti sono accomunati dalla convinzione che solo i “cuori gentili”, che sono contraddistinti da nobiltà d’animo, possono provare amore. Di conseguenza l’amore non può trovare sede in cuori volgari. I poeti dello Stilnovo pensano dunque che la poesia d’amore debba rivolgersi solo ad un pubblico selezionato di gentili.
Con lo Stilnovo il linguaggio diventa ricercato ed aulico. Il tema prediletto dagli stilnovisti è quello amoroso: i poeti non si limitano più a cantare i patimenti dell’amore o le doti dell’amata, ma si concentrano sull’effetto che l’esperienza amorosa ha sull’anima del poeta e sulla sua esperienza terrena.
Gli autori maggiormente rappresentativi di questa corrente sono Guido Guinizelli, Guido Cavalcanti e il giovane Dante Alighieri.
Guido Guinizelli
Guinizelli è indicato da Dante come padre del nuovo stile. Bolognese di origine, di professione faceva il giudice, è stato molto attivo nella vita politica della sua città. La sua famiglia apparteneva al partito dei ghibellini. Quando i guelfi presero il sopravvento venne esiliato.
Scrive Al cor gentile rempaira sempre amore che è considerato il manifesto dello stilnovo perché ne sono enunciati i temi della n tale componimento affronta tre temi.
- Identità tra amore e cuore gentile: l’amore può essere provato e vissuto solo da chi sia dotato di un cuore nobile, non da tutti gli esseri umani. Si introduce quindi il concetto di nobiltà d’animo diversa da quello di nobiltà di sangue.
- Funzione salvifica della donna: le virtù della donna hanno il potere di elevare l’animo delle persone.
- Dimensione angelica della donna: la donna non è più una bellezza terrena, ma sembra sia scesa dal cielo, un angelo.
Per un approfondimento su questo componimento vai a https://letteritaliana.weebly.com/al-cor-gentil-rempaira-sempre-amore.html
Io voglio del ver la mia donna laudare
Il sonetto Io voglio del ver la mia donna laudare esprime il nuovo stile inaugurato da Guido Guinizelli. In questo sonetto la lode della bellezza e della virtù della donna amata si accompagnano al valore “salvifico” del suo saluto: quel saluto acquista un importante significato religioso perché permette di convertire alla fede cristiana chi non crede in essa. Tra le immagini con cui viene descritta la donna vi sono i tradizionali fiori (la rosa, il giglio) i corpi celesti e tutte le bellezze del mondo naturale.
Io voglio del ver la mia donna laudare ed asembrarli la rosa e lo giglio: più che stella dïana splende e pare, e ciò ch’è lassù bello a lei somiglio. 4 Verde river’ a lei rasembro e l’âre, tutti color di fior’, giano e vermiglio, oro ed azzurro e ricche gioi per dare: medesmo Amor per lei rafina meglio. 8 Passa per via adorna, e sì gentile ch’abassa orgoglio a cui dona salute, e fa ’l de nostra fé se non la crede; 11 e no·lle pò apressare om che sia vile; ancor ve dirò c’ha maggior vertute: null’om pò mal pensar fin che la vede. 14 |
Parafrasi Io voglio del ver ….
Io voglio, in verità, lodare la mia donna e voglio paragonare a lei la rosa e il giglio: la mia donna splende e appare [e si mostra a me] più bella della stella Venere, e io paragono a lei ciò che di bello vi è lassù [in cielo].
Paragono a lei una verde campagna e [paragono a lei] l’aria, tutti i colori dei fiori, il giallo e il rosso, l’oro e l’azzurro [i lapislazzuli] e anche i gioielli molto preziosi che possono essere donati: lo stesso Amore grazie a lei [attraverso lei] diviene più perfetto.
[La mia donna] passa per strada così bella e così nobile che fa abbassa l’orgoglio alla persona a cui lei porge il suo saluto e [oltre a questo] lo fa diventare della nostra fede [cristiana], se lui non crede in essa;
e [dico di più] non le si può avvicinare un uomo che sia di animo gretto [vile]; vi dirò che ella ha una virtù ancora più grande: nessuno può pensare male fino a quando egli la vede.
Commento Io voglio del ver …
Video Spiegazione Io voglio del ver la mia donna laudare
Il sonetto si divide in due parti simmetriche. Nelle quartine Guinizelli loda la bellezza della donna, mentre nelle terzine sposta l’attenzione sulle sue virtù “salvifiche” dell’amata: dice infatti che la donna, con il suo saluto, abbassa l’orgoglio di chi la vede per strada: riesce cioè a rendere umili le persone. E non solo, riesce addirittura a convertire i non credenti alla fede cristiana!
La nobiltà d’animo di questa donna è un tutt’uno con la sua bellezza: non solo riesce a tenere a distanza gli uomini “vili”, cioè quelli non nobili di cuore, ma con il suo atteggiamento impedisce alle persone di pensare male.
In Guinizelli la nobiltà d’animo e l’amore sono strettamente connessi. Questo tema è molto presente nella sua poesia e diventerà uno degli elementi costitutivi dello Stilnovo.
La novità introdotta da questo autore consiste proprio nel valore religioso assunto dalla figura femminile, tanto che poi Cavalcanti e Dante la configureranno proprio come una “donna-angelo”.
Guinizelli, paragona la donna al giglio e alla rosa. I due fiori sono simbolo di purezza e nobiltà nella poesia classica e anche il loro colore ha valore simbolico. Infatti il bianco del giglio rimanda al colore della pelle e, forse, a quello del sorriso, mentre il rosso della rosa allude alle labbra.
Il paragone si arricchisce poi con altri elementi naturali. La donna è paragonata al pianeta Venere chiamato “stella dïana”, cioè la stella del giorno. Infatti la luce di Venere è l’ultima che si spegne al mattino, quindi annuncia la venuta del giorno, e la prima che si accende la sera.
L’amata è paragonata anche a elementi del paesaggio – una verde campagna, l’aria – e a variopinti elementi del mondo minerale e dei preziosi – l’oro, l’azzurro dei lapislazzuli, i gioielli – secondo uno schema che si trova poi anche in altri Stilnovisti.
Guido Cavalcanti
Guido Cavalcanti nasce a Firenze a metà del Duecento, in una famiglia guelfa, di parte bianca, come Dante. Fu attivo nella vita politica di Firenze e venne esiliato dopo esser stato coinvolto in disordini violenti. Fu grande amico di Dante. Di lui troviamo traccia sia nella Divina Commedia di Dante che nel Decameron di Boccaccio. Fu un uomo inquieto che aveva modi aristocratici, spirito laico e pensiero filosofico.
Chi è questa che vèn ch’ogni om la mira
Il sonetto Chi è questa che vèn è tra i più celebri di Cavalcanti. In esso troviamo due elementi: il primo è, come per Guinizelli, la lode della bellezza della donna e il secondo è relativo all’incapacità del poeta nel descrivere tale angelica bellezza. Infatti il poeta sente che la sua capacità di scrittura è limitata e non riesce a descrivere la meraviglia, la perfezione della donna amata.
Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira, che fa tremar di chiaritate l’âre e mena seco Amor, sì che parlare null’omo pote, ma ciascun sospira? 4 O Deo, che sembra quando li occhi gira! dical’ Amor, ch’i’ nol savria contare: cotanto d’umiltà donna mi pare, ch’ogn’altra ver’ di lei i’ la chiam’ira. 8 Non si poria contar la sua piagenza, ch’a le’ s’inchin’ ogni gentil vertute, e la beltate per sua dea la mostra. 11 Non fu sì alta già la mente nostra e non si pose ’n noi tanta salute, che propiamente n’aviàn canoscenza. 14 |
Metro: sonetto con schema della rima regolare ABBA, ABBA, CDE, EDC.
Parafrasi Chi è questa …
Chi è questa donna che arriva, che ogni uomo ammira, che fa tremare l’aria di luminosità, e che porta con sé l’amore, tanto che nessuno riesce a parlare, ma ognuno può solo sospirare?
O Dio, che cosa meravigliosa sembra quando lei muove gli occhi! Lo dica Amore, poiché io non lo saprei descrivere: mi sembra una donna talmente umile che ogni altra donna, al suo confronto, io la definisco malvagia, a me sembra cattiva.
La sua bellezza poi non si potrebbe raccontare, poiché a lei si inchina ogni virtù nobile e la Bellezza stessa la indica come sua dea.
La nostra mente non è mai stata così elevata e in noi non c’è mai stata così tanta perfezione, che noi possiamo avere una conoscenza piena e completa di tale bellezza.
Commento Chi è questa …
Video spiegazione Chi è questa che ven ch’ogni om la mira
Il sonetto ha lo stile semplice, tipico dello Stilnovo. Celebra la bellezza della donna amata e arricchisce il tema con riferimenti religiosi secondo il modello di Guinizelli. Sviluppa il motivo dell’ineffabilità della bellezza femminile: la bellezza è espressione della grazia divina, pertanto è impossibile da cogliere e da esprimere a causa della limitatezza della mente del poeta.
Fin dall’inizio l’atmosfera del componimento è mistica. La donna è avvolta da una luce, come un’aureola, che fa ammutolire tutti coloro che la guardano; essa è umile più di qualunque altra donna e ciò la rende paradossalmente superiore a tutte le altre, mentre la Bellezza, intesa come la Dea della bellezza, la sceglie come suo modello (oggi potremmo dire come suo testimonial).
Il poeta ammira questa donna ma è consapevole di non essere in grado di cogliere pienamente tale bellezza. Qui il discorso si fa filosofico, infatti il poeta dichiara che la mente umana non è in grado di comprendere fino in fondo il miracolo di una bellezza che proviene dalla grazia divina. Si comprende così che l’esperienza amorosa dello stilnovo diventa quasi un’esperienza mistica, troppo profonda per essere espressa a parole.
Col termine ineffabilità si intende l’incapacità del poeta di esprimere a parole quello che lui sente.
Il giovane Dante Alighieri
Il giovane Dante conosce Guido Cavalcanti che non ha ancora 20 anni. il loro legame sarà molto profondo e intenso. In quegli anni Dante Alighieri e Guido Cavalcanti fondano la scuola poetica che prende il nome di Stilnovo. Di Dante parleremo diffusamente in seguito.
Tanto gentile e tanto onesta pare
Questo sonetto è inserito nel XXVI capitolo della Vita Nova ed è considerato il sonetto più celebre di Dante. In questo testo l’autore esprime la lode della bellezza e della virtù di Beatrice e le reazioni di ammirazione che provoca in chi la vede camminare per strada.
Il sonetto è introdotto da un testo in prosa in cui Dante presenta il contenuto della lirica.
L’autore dice che questa donna meravigliosa, definita gentilissima, era caratterizzata da tanta Grazia che, quando lei passava per la strada, le persone accorrevano per vederla.
Dice anche che quando lei era vicino a qualcuno, un’incredibile onestà e virtù arrivava nel cuore di questi, tanto che la persona non osava alzare gli occhi e non osava neppure rispondere al saluto di lei. L’autore dichiara che questo fatto è testimoniato da molti. Lei procedeva incoronata e vestita di umiltà, senza vantarsi per l’ammirazione che suscitava.
Dante riferisce quello che viene detto su di lei: “Non è una donna, ma un meraviglioso angelo del cielo” “Lei è una meraviglia!” “Sia benedetto il Signore che crea opere così ammirabili”.
Il poeta dichiara che lei si mostrava così gentile e così bella e che tutte le persone che la guardavano sentivano dentro di sé una dolcezza onesta e soave, così grande che loro non erano in grado di spiegarla. E non basta: tra le persone che la ammiravano non c’era nessuno che all’inizio non fosse costretto a sospirare. Le virtù della donna erano così straordinarie che lui ha voluto scrivere questo sonetto affinché anche chi non la poteva vedere potesse conoscerla attraverso le sue parole.
Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia quand’ella altrui saluta, ch’ogne lingua deven tremando muta, e li occhi no l’ardiscon di guardare. 4 Ella si va, sentendosi laudare, benignamente d’umiltà vestuta; e par che sia una cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare. 8 Mostrasi sì piacente a chi la mira, che dà per li occhi una dolcezza al core, che ’ntender no la può chi non la prova: 11 e par che de la sua labbia si mova un spirito soave pien d’amore, che va dicendo a l’anima: Sospira. 14 |
Metro: il sonetto ha schema delle rime ABBA, ABBA, CDE, EDC
Parafrasi Tanto gentile …
Quando saluta qualcuno [per la strada] la mia donna
sembra così nobile e dignitosa che ogni lingua, tremando, ammutolisce [cioè le persone non riescono più a parlare quando sono di fronte a lei]
e i loro occhi non hanno neppure il coraggio di guardarla [quindi le persone abbassano lo sguardo].
Lei prosegue, sentendosi lodare dagli altri, è così umile che sembra benevolmente vestita di umiltà; e sembra che sia una creatura venuta dal cielo sulla terra,
per mostrare un miracolo [qualcosa di straordinario].
lei si mostra così bella a chi la guarda, tanto che attraverso gli occhi suscita nel cuore una dolcezza straordinaria, che non può essere compresa da chi non l’abbia provata:
e sembra che dal suo volto si muova un soave sospiro pieno d’amore, che suggerisce all’anima di sospirare.
Video spiegazione Tanto gentile e tanto onesta pare
Commento Tanto gentile …
Il sonetto costituisce un esempio semplice e formalmente perfetto di poesia in lode di Beatrice. Si noti la presenza di alcuni vocaboli propri del linguaggio stilnovista, come “gentile” (nobile d’animo), “onesta” (dignitosa nel comportamento esteriore), “piacente” (bella e di piacevole aspetto). Beatrice viene elogiata non solo per la sua bellezza ma anche per la sua straordinaria umiltà e per gli effetti che produce in chi la osserva per strada.
Il sonetto riprende molti motivi già presenti in Cavalcanti: l’apparizione della donna quando passa per strada, il saluto fa ammutolire tutti e li spinge a guardare in basso, la sensazione di essere di fronte ad un miracolo, la “donna-angelo”, la dolcezza che ispira a chi la osserva, il sospiro che provoca in chi la osserva e la consapevolezza che tale sensazione non possa essere compresa a pieno, se non da chi ne ha già fatto diretta esperienza.
Confronta le tre poesie
Scrivi
- Fai il riassunto del contenuto essenziale di ognuna delle tre poesie. Usa parole semplici. Immagina di raccontare il sognificato di ogni poesia ad un bambino. Fai frasi brevi.
- Confronta le tre poesie e individua la parola chiave di ogni componimento.
- I poeti usano parole comuni? Quali? Che significato hanno?
- Analizza il comportamento delle tre donne presentate nelle poesie e spiega il loro movimento e le loro azioni in relazione con lo spazio fisico.
- Analizza il tema del saluto: quele effetto produce il saluto della donna sul poeta e sulle persone che lei incontra?
- Quali sono le caratteristiche peculiari di ognunoe delle tre donne nelle tre liriche?
Guido i’ vorrei che tu e Lapo ed io
Questo sonetto fa parte delle poesie giovanili di Dante; è stato scritto tra il 1283 è il 1290, era indirizzato a Guido Cavalcanti, suo grande amico. Il tema centrale di questo componimento è la concezione stilnovista dell’amicizia e dell’amore vissuti in un’atmosfera incantata. Dante trae spunto dalla tradizione letteraria francese e fa riferimento a mago Merlino, alla sua magia e ad un vascello incantato.
1. Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io 2. fossimo presi per incantamento, 3. e messi in un vasel ch’ad ogni vento 4. per mare andasse al voler vostro e mio, 5. sì che fortuna od altro tempo rio 6. non ci potesse dare impedimento, 7. anzi, vivendo sempre in un talento, 8. di stare insieme crescesse ‘l disio. 9. E monna Vanna e monna Lagia poi 10. Con quella ch’è sul numer de le trenta 11. con noi ponesse il buono incantatore: 12. e quivi ragionar sempre d’amore, 13. e ciascuno di lor fosse contenta, 14. sì come i’ credo che saremmo noi. |
Parafrasi Guido i’ vorrei
Guido, io vorrei che tu, Lapo ed io fossimo presi, catturati, come per magia e fossimo e messi su una piccola nave; e vorrei che questa nave andasse per mare, mossa dal soffio del vento, seguendo il mio ed il vostro desiderio,
in modo tale che una tempesta o un altro tipo di cattivo tempo non ci potesse essere di ostacolo, non ci potesse dare alcun impedimento; anzi vorrei che, vivendo sempre in linea con i nostri desideri [talento], aumentasse sempre la voglia di stare insieme.
Io vorrei poi che Mago Merlino, il buon mago [incantatore, il mago buono della tradizione bretone] ponesse sulla barca con noi donna Vanna e donna Lagia [due splendide donne di Firenze] e anche quella donna [di cui non dice il nome] che è al trentesimo posto nell’elenco delle donne più belle della città
E vorrei che su questo vascello incantato noi trascorressimo il tempo a parlar d’amore e vorrei che ognuna di loro fosse felice, serena, così come credo che saremmo noi tre.
Commento Guido i’ vorrei …
Il sonetto fa parte delle poesie giovanili di Dante ed è considerato come l’atto di nascita di quel movimento poetico che Dante stesso definirà “dolce stil novo”. Questo nuovo stile è caratterizzato da una lingua più delicata, limpida e sensibile ed è prerogativa di una ristretta cerchia di spiriti nobili.
Il tema principale del sonetto è la descrizione di un sogno ambientato nel mondo cortese, un sogno completamente staccato dalla vita reale in un ambiente di fantasia.
Le quartine raccontano dell’amicizia tra Dante, Guido Cavalcanti e Lapo Gianni, tre poeti stilnovisti; nelle terzine, invece, si introduce l’elemento principale che li accomuna, ovvero il “ragionar sempre d’amore” (v. 12), in un contesto esclusivo, fiabesco e rarefatto, tra spiriti eletti: tre uomini e tre donne.
L’iniziale desiderio di Dante, “Guido, i’ vorrei”, si trasforma poi in un desiderio collettivo, che accomuna tutti e tre gli amici, in un crescendo del desiderio.
C’è una incredibile modernità in questo testo: infatti Dante mette sulla barca dei suoi sogni tre amici e tre donne, con le quali parlare di amore. Il suo sogno è che questa comunità ideale possa parlare, immergersi in ragionamenti amorosi, condividendo pensieri e sogni, in modo che ognuno di loro possa essere felice.
Sono interessanti anche altri due elementi: il tre e il trenta.
- Dante utilizza il numero tre (tre gli amici e tre le donne amate) che è un numero legato al concetto di perfezione che ha quindi grande valenza simbolica.
- Nel verso 10 parla di una donna ‘quella ch’è sul numer de le trenta’. Dante allude ad un suo componimento, ora perduto, in cui aveva elencato le sessanta donne più belle di Firenze. La donna invitata era quella che occupava il trentesimo posto di questa lista e che sicuramente i suoi amici conoscevano bene.
Forma: Sonetto di quattordici endecasillabi con schema di rime: ABBA-ABBA- CDE EDC
Figure Retoriche
- Apostrofi – “Guido” (v. 1);
- Allitterazioni – della “v: “vasel, vento, vostro” (vv. 3-4); della “s”: “stare, insieme, crescesse, disio” (v. 8); della “r”: “ragionar, sempre, amore” (v. 12);
- Anastrofi – “di stare insieme crescesse il disio” (v. 8); “con noi ponesse il buono incantatore” (v. 11);
- Polisindeti – “tu e Lapo ed io” (v. 1); “e monna Vanna e monna Lagia” (v. 9);
- Perifrasi – “il buono incantatore” (v. 11);
- Metafore – “vasel” (v. 3);
- Similitudini – “contenta / sì come io credo che saremmo noi” (vv. 13-14).
Molte delle parole usate da Dante ci aiutano a capire che Dante sta esprimendo un desiderio: vorrei, incantamento [magia], vasel [vascello], fortuna, talento [desiderio], incantatore [Mago Merlino].
La struttura del sonetto è circolare. Infatti il poeta inizia parlando in prima persona nel primo verso (“vorrei”) e anche nell’ultimo (“credo”).
Fonti
- https://library.weschool.com/lezioni/letteratura/letteratura-italiana/
- https://letteritaliana.weebly.com/
- http://carlomariani.altervista.org/storia_letteraria1/lett158.htm
- https://it.wikipedia.org/wiki/Guido_Guinizelli
- http://www.treccani.it/enciclopedia/guido-guinizzelli/
- https://library.weschool.com/lezione/guido-guinizzelli-poesie-stilnovo-al-cor-gentil-10833.html
- A. Ronconi, M. M. Cappellini, A. Dendi, E. Sada, O. Tribulato, LA MIA LETTERATURA, C. Signorelli Scuola.
- https://it.wikipedia.org/wiki/Guido_Cavalcanti http://www.parafrasando.it/POESIE/CAVALCANTI_GUIDO/Chi-e-questa-che-ven.html http://www.parafrasando.it/BIOGRAFIE/cavalcanti-guido.html http://www.treccani.it/vocabolario/ineffabile/
- https://letteritaliana.weebly.com/tanto-gentile-e-tanto-onesta-pare.html