Carolina Invernizio è stata una delle più famose scrittrici italiane di romanzi di romanzi d’appendice tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, in quel periodo definito Belle Époque.
Biografia
Figlia di Ferdinando Invernizio e di Anna Tettoni, Carolina nacque a Voghera nel 1851. Suo padre apparteneva alla borghesia piemontese ed era funzionario del Re di Sardegna.
Quando, nel 1865, la capitale del Regno d’Italia divenne Firenze, la famiglia Invernizio si trasferì nel capoluogo toscano. Carolina frequentò quindi le scuole superiori a Firenze e si diplomò all’istituto magistrale, con le sue sorelle.
La sua capacità narrativa emerse ben presto quando pubblicò, proprio sul giornale della scuola, il suo primo racconto. Il titolo era Amore e morte ma lo stile tragico del racconto le fece rischiare l’espulsione.
Carolina amava raccontare vicende tragiche, relazioni sentimentali contorte e ambienti oscuri e questo genere letterario caratterizzerà tutta la sua produzione.
La sua opera d’esordio si intitola Un autore drammatico e venne pubblicata nel 1876 a Milano dall’editore Barbini. Nel 1877 esce invece il suo primo romanzo Rina o L’angelo delle Alpi.
Questo romanzo venne ceduto per cinque napoleoni d’oro all’editore fiorentino Salani. Quello fu sicuramente un incontro fortunato perché, da quel giorno, la Invernizio pubblicò quasi esclusivamente con questa casa editrice. Ma non si trattava solo di una relazione professionale, la Invernizio e Salani diventeranno amici come risulta dalla dedica fatta su un altro romanzo, I ladri dell’onore, nel 1894
Nel 1881 incontra Marcello Quinterno, un giovane ufficiale dei carabinieri di cui si innamora. Il matrimonio viene presto celebrato e i due prendono casa a pochi passi dalla sede della casa editrice Salani. Cinque anni dopo il loro matrimonio fu allietato dalla nascita della piccola Marcella, la sua unica figlia.
Quelli sono i primi anni del Regno d’Italia e, durante il governo della sinistra storica, l’esercito italiano fu inviato in Africa nel tentativo di acquisire una colonia. Marcello quindi lasciò la moglie e la figlia e andò in guerra.
L’esperienza italiana in Africa fallì nel 1896 ma Marcello tornò finalmente dalla guerra e, grazie all’esperienza nel continente africano, a suo marito viene assegnata la direzione del Regio Panificio Militare a Torino. Così la famiglia Quinterno lasciò Firenze per spostarsi a Torino.
Carolina Invernizio non era solo una mamma affettuosa e premurosa, era una moglie esemplare ed era anche molto devota alla Madonna tanto che ogni settimana si recava, accompagnata dalla figlia, al santuario della Consolata. La basilica di Santa Maria della Consolazione è uno dei più antichi luoghi di culto di Torino.
Negli ultimi anni della sua vita visse spostandosi tra Cuneo e Torino.
Morì nel 1916 a Cuneo, ma aveva redatto il suo testamento ancora nel 1903. In questo documento Carolina Invernizio aveva espresso il desiderio di non essere seppellita prima di quattro giorni dalla sua morte. Voleva inoltre che il suo cadavere non fosse esposto al pubblico. Carolina temeva infatti di essere sepolta senza essere morta davvero; si trattava di una paura molto diffusa. Per questo voleva che passassero diversi giorni prima del funerale in modo che la sua morte fosse effettiva. Inoltre chiese che la notizia del suo funerale venisse annunciata su tutti i giornali con i quali aveva collaborato come giornalista.
Furono anni fertili per la produzione letteraria di Carolina: la sua penna scorreva veloce sulla carta e i suoi romanzi venivano divorati dal pubblico italiano.
La critica letteraria dotta non amava questi suoi scritti e gli intellettuali dell’epoca sembrava facessero a gara nel criticarla e nell’attribuirle appellativi denigratori. Antonio Gramsci la definì “onesta gallina della letteratura popolare”. Fu definita “la Carolina di servizio” per sottolineare il fatto che le sue storie erano destinate solo alla servitù e la definizione più celebre è “la casalinga di Voghera”. La Invernizio, dal canto suo, non si lasciava impressionare dagli attacchi dei critici perché, diceva, mentre loro mi criticano, le loro mogli, le loro sorelle e le loro figlie acquistano i miei libri.
Ma se la critica letteraria la attaccava, d’altra parte i critici a quel tempo erano solo uomini, la gente amava i suoi scritti e, quando venne seppellita a Torino, sulla sua tomba venne posta una statua di bronzo su cui campeggia la scritta Il tuo nome non morirà. Anche questa frase è stata molto criticata, ma Carolina Invernizio era molto amata dal pubblico e a Milano e a Cuneo le è stata anche dedicata una strada.
Periodo storico e letterario
Carolina Invernizio nacque negli anni del Risorgimento: la frammentazione delle province italiane si concluse con la realizzazione del Regno d’Italia durante la sua infanzia. Visse la sua giovinezza durante i primi anni del regno di Italia, con la fallimentare campagna d’Africa che toccò direttamente la sua famiglia. Abitava nel Nord del paese quando l’Italia veniva scossa dalle lotte sindacali durante il periodo del governo liberale di Giovanni Giolitti.
Visse i gloriosi anni della Belle époque ma fu testimone dello scoppio della Prima Guerra Mondiale.
I suoi romanzi sono ambientati storicamente e portano quindi tracce delle vicende storiche del periodo della sua vita.
Le opere più importanti di Carolina Invernizio
Carolina Invernizio pubblica più di 130 libri, la maggior parte dei quali con l’editore Salani a Firenze.
Tanto Carolina Invernizio fu una donna con una vita regolare e pacata, tutta casa, famiglia e chiesa, tanto la sua fantasia la portava a inventare storie complesse e piene di colpi di scena.
Spesso accade che le trame delle opere degli scrittori sfiorino le vicende delle loro vite; in alcuni casi addirittura non si riesce a scorgere il sottile filo che separa la realtà dalla fantasia: sia Foscolo che D’Annunzio prendono ampiamente spunto dalle loro vicende personali; la Invernizio invece accende le ali della fantasia e si libra lontano dalla sua quotidianità per immergersi in un mondo di eroine virtuose che si trovano ad affrontare vicende contorte, improbabili, in cui accadono vicende di ogni tipo: morti reali e morti apparenti, duelli, assassinii e suicidi, furti e rapine, sparizioni di persone e ricomparse, e poi tradimenti e incesti, imbrogli e intrecci amorosi.
Carolina Invernizio scriveva fino a dieci ore al giorno e, talvolta, riusciva a scrivere addirittura più di un romanzo contemporaneamente. E sai come faceva a non sbagliare? Aveva il prezioso aiuto della sorella che teneva la contabilità dei morti per evitare di compromettere la trama con una risurrezione inopportuna.
La Invernizio dedicava molta cura nella scelta del titolo del romanzo. Riteneva infatti che il successo di un libro dipenda in gran parte dal titolo e dall’incipit.
Ti faccio un esempio: questi sono alcuni dei suoi romanzi.
- L’orfana del ghetto
- Dora, la figlia dell’assassino
- Le vittime dell’amore
- La bastarda
- La mano della morta
- Il genio del male
- I ladri dell’onore
- Un assassinio in automobile
- Odio di donna
Ovviamente questa è solo una minima parte dei suoi titoli, ma alcuni sono davvero molto intriganti, non credi?
Per quanto riguarda il genere letterario praticato, Carolina Invernizio è ritenuta la più importante autrice di romanzi d’appendice, una delle prime gialliste che ha percorso le vie del horror e del gotico.
Una caratteristica comune dei suoi romanzi va individuata nella figura delle protagoniste. Si tratta sempre di donne virtuose, ottime madri di famiglia che vengono travolte dalla cattiveria e dalla violenza della società. Spesso, anche se non sempre, i romanzi hanno un lieto fine per la gioia delle lettrici.
Un altro elemento importante è il fatto che molto spesso i suoi romanzi sono contestualizzati storicamente: lei definisce romanzo storico sociale molti dei suoi scritti. La Invernizio presenta la storia in modo accurato e dimostra grande professionalità nel cercare di rispettare la verità e la verisimiglianza storica. Per quanto riguarda gli intrecci invece la verosimiglianza non sempre è rispettata.
Cardine dei suoi romanzi è sempre l’ideale della famiglia, una famiglia in cui i valori sono infranti o disattesi. Spesso quindi l‘adulterio è uno degli elementi cardine nei romanzi.
Non mancano le vicende dei trovatelli che, dopo aver vissuto nell’abbandono e nella miseria, grazie a sofisticati espedienti narrativi, riescono a ritrovare genitori e talvolta anche ricchezze.
Delitti, violenze, stupri, rapimenti, che agganciano il pubblico, sono spesso tratti da fatti di cronaca approfonditi dall’autrice nei resoconti giudiziari.
La critica forse più azzeccata che gli venne mossa era quella della ripetitività in cui gli intricati colpi di scena sono destinati a sciogliere anche le più improbabili situazioni.
- Nel 1889 pubblica il racconto storico La trovatella di Milano.
Maria, la protagonista lavora come guantaia a Milano. Siamo a metà dell’Ottocento, poco dopo le Cinque giornate di Milano, quando i milanesi scesero in piazza per scacciare gli austriaci oppressori. La fanciulla lavorava sempre fino a tardi e l’ultima sera di Carnevale mentre stava per chiudere, un giovane entrò improvvisamente nel locale: cercava riparo perché era inseguito. Passato il primo momento di smarrimento il giovane apparve nella sua bellezza angelica e la timida Maria, se ne innamorò perdutamente. Ma il giovane invece si rivelò essere un uomo infido che intende usare la fanciulla per raggirare un’altra ingenua ragazza.
Da quell’esordio notturno si snoda una vicenda ricca di intrighi e di colpi di scena. Questo è uno dei romanzi in cui nessun lieto fine arriva ad alleggerire la fosca vicenda. Il pubblico apprezzò tanto il racconto che divenne un film nel 1956.
Il bacio della morta
Il romanzo, forse il più famoso, ma non è facile individuare quello che ha avuto più successo è stato pubblicato nel 1886 col titolo Il bacio della morta. Questo romanzo è stato più volte ristampato e ha avuto ben quattro realizzazioni cinematografiche, l’ultima delle quali con la sceneggiatura di Pupi Avati nel 1974.
Clara, la protagonista, scrive al fratello Alfonso, che vive in Spagna, e gli comunica che teme di essere in pericolo. L’uomo allora, accompagnato dalla moglie, si precipita a Firenze ma scopre che sua sorella, nel frattempo, è deceduta.
Dal momento che il funerale non è stato ancora celebrato Alfonso vuole vedere il cadavere della sorella. In un impeto di affetto si china e le dà un bacio. Ma in quel momento si accorge che Clara è ancora viva. Curata tempestivamente la donna si riprende e racconta la sua storia.
La vicenda si snoda cono un complesso intreccio di elementi carichi di tensione, tra adulteri e figli illegittimi, incidenti e relazioni pericolose, furti e omicidi.
L’intricata vicenda si conclude comunque con un lieto fine per tutte le persone virtuose e con la punizione dei colpevoli.
Nel mondo della Invernizio la divisione tra buoni e cattivi è netta ed evidente da subito, solitamente il bene trionfa sul male.
Pensiero e poetica di Carolina Invernizio
Carolina fu una donna tradizionale dedita alla figlia e al marito. Ma quando si metteva a scrivere si trasformava: la sua fantasia prendeva il volo e lei, assieme alle sue protagoniste volava sulle ali dei suoi romanzi.
I romanzi di Carolina Invernizio hanno trame intricate caratterizzate da colori decisi con l’alternarsi di sentimenti forti, di amore e odio, di rivalse e di vendette come tutti i romanzi d’appendice. Ma l’autrice non si limitava a raccontare le mirabolanti imprese dei suoi personaggi ma cercava anche di contestualizzare le sue trame all’interno di fatti storici ben delineati: la scrittrice curava il contesto storico sociale con accuratezza.
La sua passione per il mistero e l’horror si manifesta in tutte le sue opere: lei amava scrivere di notte perché in quelle ore era più facile per lei narrare storie che avevano l’ombra e il buio come co-protagonisti.
Molte delle sue trame, nelle quali si sviluppano efferati delitti, anticipano anche il genere poliziesco.
La contrapposizione tra bene e male è sempre evidente come è sempre evidente la distanza tra la sua vita reale e quella delle sue eroine.
Carolina Invernizio ci dà una lezione importante che mi ricorda un po’ Leopardi. Il poeta recanatese, nel suo Infinito celebra l’ebbrezza che può essere ottenuta col potere dell’immaginazione.
Anche la Invernizio sperimenta la stessa magia perché mentre scriveva i suoi romanzi lei viveva le avventure che narrava e tremava quando percorreva con la penna gli oscuri vialetti del cimitero, piangeva per i tradimenti subiti e gioiva quando finalmente la vita tornava a sorridere.