Sacro romano impero
Carlo Magno aveva difeso il papa Leone III e come riconoscimento ufficiale di ciò che aveva fatto in difesa della Chiesa, Carlo Magno era stato consacrato imperatore dallo stesso pontefice, dando vita al Sacro romano impero.
Il gesto di Leone III, l’incoronazione nella notte di Natale dell’800, nella basilica di San Pietro a Roma, voleva dimostrare pubblicamente
- la preminenza del pontefice sull’imperatore,
- la superiorità del potere spirituale su quello temporale,
- la subordinazione della nomina imperiale al papa.
Ma quello che, nella mente del papa, era chiaro, non era assolutamente condiviso dagli imperatori successivi. Infatti negli anni seguenti gli imperatori cominciarono non solo a pretendere di nominare i vescovi, ma anche di intervenire nelle elezioni dei papi.
Il papato però non aveva nessuna intenzione di sottomettersi al potere dell’Imperatore e rivendicò la superiorità del potere ecclesiastico su quello imperiale.
Fu nella notte di Natale dell’800 quindi, con l’incoronazione di Carlo Magno, che era stato gettato il seme del futuro dissidio fra Chiesa e Stato.
Come sappiamo l’Impero non sopravvisse alla morte di Carlo (814) e sulle sue rovine sorsero i primi regni feudali.
Ottone I di Sassonia
Ottone I di Sassonia fu il fondatore della potenza della Germania nel Medioevo.
Infatti fondò il Sacro Impero romano-germanico dopo la dissoluzione dell’Impero carolingio: il titolo imperiale adesso aveva un’impronta germanica e non più legata ai Franchi.
Venne incoronato imperatore a Roma nel 962 dal papa e ebbe una grande influenza sulla storia tedesca: infatti fu lui a operare la cristianizzazione delle popolazioni slave ancora pagane e esercitò la sua supremazia anche in Italia e sul papato.
Il rafforzamento del potere monarchico
Nato nel 912 e incoronato re di Germania nel 936, Ottone dovette subito fare i conti con le ribellioni e le spinte autonomiste dei grandi signori tedeschi.
Dopo la dissoluzione dell’Impero di Carlo Magno, i feudatari tedeschi avevano goduto di sempre maggiore libertà.
Ottone decise che fosse necessario ridimensionarne i poteri.
Vescovi – conti
Per rafforzare il potere monarchico Ottone decise di scegliere i suoi più importanti feudatari non più tra i membri delle famiglie aristocratiche del regno, come era stato fino ad allora, ma tra i vescovi tedeschi, che diventarono i suoi migliori e più fidati servitori.
Con il suo provvedimento egli sostituì ai feudatari laici, che si trasmettevano di padre in figlio il governo di vasti territori, i feudatari ecclesiastici, i cosiddetti vescovi-conti.
In questo modo, alla morte dei vescovi, i feudi rientravano a far parte del patrimonio della corona.
Terre, contee, palazzi e privilegi furono concessi in dono alla Chiesa tedesca e ai vescovi, che acquistarono un ruolo politico molto importante nella storia di questo paese.
La Germania si popolò, così, di principati episcopali, ossia di territori più o meno ampi guidati da un vescovo.
La spinta tedesca verso est
Una tappa molto importante nella storia della Germania e dell’Europa fu la vittoria di Ottone contro gli Ungari nel 955.
Con questa battaglia si concluse il lungo periodo caratterizzato dalle invasioni barbariche.
Gli Ungari, che con le loro incursioni avevano minacciato l’Europa,
- si ritirarono a est e
- abbandonarono i saccheggi.
Si stanziarono sulle rive del basso Danubio, si convertirono al cristianesimo e fondarono lo Stato magiaro, che prederà il nome di Ungheria, entrando progressivamente a far parte della storia europea.
Dopo questa vittoria Ottone, riconosciuto come il salvatore della cristianità, spinse la Germania verso la riconquista dei territori tedeschi dell’Est che gli Slavi avevano occupato.
Un po’ alla volta anche le popolazioni slave del Nord-Est dell’Europa (Polacchi, Slovacchi, Cechi) si convertirono al cristianesimo e subirono l’influenza sempre crescente della Germania: fu con Ottone che prese avvio quella spinta migratoria, colonizzatrice e missionaria dei Tedeschi a Est che si sarebbe prolungata per diversi secoli.
Nelle mani di Ottone la Chiesa tedesca diventò un importante strumento di penetrazione politica nelle regioni orientali, come dimostra la fondazione del nuovo arcivescovado di Magdeburgo nel 968, che serviva da punto d’appoggio nella conversione al cattolicesimo degli Slavi ancora pagani.
Il potere personale di Ottone
Nell’Europa medievale ogni grande potenza statale che si formava, come quella di Carlo Magno, si sentiva inevitabilmente attratta dall’Italia e da Roma.
Nel 951 Ottone era intervenuto nella penisola italiaca contro re Berengario II e lo aveva sconfitto e reso suo vassallo.
Dieci anni più tardi Ottone scese di nuovo nella penisola chiamato da papa Giovanni XII che invocava il suo aiuto contro Berengario.
Dopo aver nuovamente sconfitto quest’ultimo, nel 962 Ottone fu incoronato imperatore da Giovanni XII.
Nasceva così il Sacro Impero romano-germanico e il destino dell’Italia si univa per secoli a quello della Germania.
Dopo essere stato incoronato imperatore, Ottone intese ribadire la sua supremazia anche sul papa e sulla Chiesa di Roma con il Privilegium Othonis.
PRIVILEGIUM OTHONIS (Privilegio ottoniano, 962). Legislazione imperiale con la quale Ottone I si propose di – risolvere il problema dei rapporti fra papato e impero, – legittimare il controllo imperiale sul papato. Esso stabiliva infatti che l’elezione papale dovesse avvenire soltanto con il consenso dell’imperatore e alla presenza di suoi rappresentanti. |
Con questo atto l’imperatore del Sacro Impero romano-germanico stabilì che il papa non potesse venire eletto senza il consenso dell’imperatore. Poco dopo l’imperatore tedesco depose il papa Giovanni XII, che secondo lui aveva tramato contro di lui. Al suo posto fece eleggere sul soglio papale Leone VIII.
Al culmine della sua potenza Ottone si spinse più a sud con la speranza di imporsi anche in Italia meridionale, ma la sua espansione fu bloccata dai Bizantini in Puglia. Tornato in Germania, morì nel 973.
Decadenza della chiesa
L’iniziativa di Ottone I rafforzò la struttura dell’impero e aumentò l’importanza delle città, sedi dei vescovi, ma provocò un rapido decadimento morale e spirituale della Chiesa.
Infatti gli alti prelati, occupati in faccende politiche e mondane, si allontanarono sempre di più dal loro impegno spirituale.
Ovviamente l’istituzione dei vescovi-conti comportò l’inevitabile intrusione dell’imperatore nella vita della Chiesa, che si trovava quindi sempre più assoggettata all’impero. Da Ottone I in poi, infatti, i sovrani cominciarono ad attribuire, oltre all’investitura laica con lo scettro, anche quella ecclesiastica, con il pastorale.
La pesante ingerenza imperiale sull’attribuzione dei poteri nella società medievale, e perfino nell’elezione del pontefice, determinò un’energica reazione da parte della Chiesa. Si scatenò quindi quella che è chiamata la “lotta per le investiture“.
Con il termine lotta per le investiture si fa riferimento allo scontro tra papato e Sacro Romano Impero che avvenne tra l’XI e il XII secolo. L’oggetto della contesa riguardava il fatto che sia il papato che l’imperatore ritenevano di avere il diritto di nominare gli alti ecclesiastici e il papa stesso. |
Il conflitto di potere si intrecciò con una situazione di grave corruzione del clero, tanto che nella chiesa si moltiplicarono gli sforzi per riformare i ranghi della chiesa.
Nacquero in quel periodo molti ordini religiosi, di tipo monastico come
- i cluniacensi, che avevano la loro sede a Cluny,
- i cistercensi, dell’abbazia di Citeaux (in latino Cistercium) nella regione francese della Borgogna,
- i camaldolesi a Camaldoli e altri.
La riforma cluniacense fu un movimento di riforma ecclesiale, che ebbe la sua origine nell’abbazia benedettina di Cluny, un movimento di riforma che dapprima rinnovò l’ordine benedettino e poi si estese a tutta la Chiesa cattolica. I fondamenti della riforma erano: – applicazione stretta della regola benedettina – stretta osservanza della celebrazione quotidiana della messa – attenzione alla devozione di ogni singolo monaco. Accanto a questo vi era una riforma dell’organizzazione dei monasteri e la sottrazione dei medesimi all’autorità vescovile. I monasteri e gli ordini vennero resi dipendenti dal papa. Nella lotta per le investiture Cluny evitò di prendere esplicitamente partito, ma fu a fianco dei papi riformatori per quanto riguardava la simonia ed il celibato sacerdotale. Nel processo di moralizzazione del clero il monastero francese di Cluny ebbe un ruolo fondamentale. |
L’infeudamento della chiesa
Nella prima metà dell’XI secolo il processo di infeudamento della Chiesa si radicò sempre di più.
Quando però nel 1056 un Enrico IV ancora minorenne, i fautori della riforma della Chiesa colsero l’occasione per dare inizio a un’opera di rinnovamento dei costumi del clero e per sottrarre la Chiesa alla supremazia imperiale.
Verso l’autonomia del papato
Ildebrando di Soana, monaco benedettino formatosi alla scuola di Cluny, era convinto sostenitore della riforma ed era tenuto in gran considerazione dai pontefici.
Nel 1058 il partito riformatore riuscì a far nominare papa uno dei propri esponenti, Niccolò II, vescovo di Firenze.
Ildebrando allora lo convinse:
- a rivendicare l’autonomia del papato rispetto all’autorità imperiale,
- a ottenere che l’elezione del pontefice non avvenisse più secondo la volontà dell’imperatore, ma per libera scelta del collegio dei cardinali.
Nel 1059 Nicolò II convocò il Concilio lateranense in cui
- si stabilì l’istituzione di un collegio di cardinali per l’elezione del papa,
- si ribadì la condanna della simonia e del concubinato del clero.
Gregorio VII e il Dictatus papae
L’opera di riforma intrapresa dalla Chiesa si fece ancora più rigorosa, trasformandosi in aperto conflitto contro l’impero, quando nel 1073 lo stesso Ildebrando di Soana venne eletto papa con il nome di Gregorio VII.
Quando Enrico IV aveva raggiunto la maggiore età, aveva iniziato a governare e aveva assunto un atteggiamento di aperta sfida verso la Chiesa. Aveva quindi eletto a suo piacimento vescovi e abati, a cui aveva concesso dei feudi.
Ildebrando, o meglio papa Gregorio VII reagì minacciando la scomunica e riaffermando, con i Dictatus papae («Precetti del papa», 1075), l’assoluta superiorità del papa su ogni altra potestà terrena e il suo diritto di giudicare e deporre sia i vescovi che lo stesso imperatore, esonerando così i sudditi da ogni vincolo di sottomissione e di obbedienza all’autorità imperiale.
Il Dictatus papae del 1075 sancisce quanto segue. – Che la Chiesa Romana è stata fondata unicamente da Dio. – Che il Pontefice Romano è l’unico ad essere di diritto chiamato universale. – Che Egli solo può deporre o reinsediare i vescovi. – Che in qualunque concilio il suo delegato, anche se minore in grado, ha autorità superiore a quella dei vescovi, e può emanare sentenza di deposizione contro di loro. – Che il Papa può deporre gli assenti. – Che, fra le altre cose, non si può abitare sotto lo stesso tetto con coloro che egli ha scomunicato. – Che ad Egli solo è legittimo, secondo i bisogni del momento, fare nuove leggi, riunire nuove congregazioni, fondare abbazie o canoniche; e, dall’altra parte, dividere le diocesi ricche e unire quelle povere. – Che Egli solo può usare le insegne imperiali. – Che solo al Papa tutti i principi devono baciare i piedi. – Che solo il Suo nome viene pronunciato nelle chiese. – Che il Suo nome è il solo in tutto il mondo. – Che al Papa è permesso di deporre gli imperatori – Che al Papa è permesso di trasferire i vescovi secondo necessità. – Che il Papa ha il potere di ordinare un sacerdote di qualsiasi chiesa, in qualsiasi territorio. – Che colui che il Papa ha ordinato può dirigere un’altra chiesa, ma non può muovergli guerra; inoltre non può ricevere un grado superiore da alcun altro vescovo. – Che nessun sinodo sia definito “generale” senza il Suo ordine. – Che un testo possa essere dichiarato canonico solamente sotto la Sua autorità. – Che una Sua sentenza non possa essere riformata da alcuno; al contrario, Egli può riformare qualsiasi sentenza emanata da altri. – Che il Pontefice Romano eletto canonicamente, è senza dubbio, per i meriti di San Pietro, santificato, secondo quanto detto da sant’Ennodio, vescovo di Pavia, e confermato da molti santi padri a lui favorevoli, come si legge nei decreti di San Simmaco papa. – Che, dietro Suo comando e col suo consenso, i vassalli hanno titolo per presentare accuse. – Che Egli può deporre o reinsediare vescovi senza convocare un sinodo. – Che colui il quale non è in comunione con la Chiesa Romana non è da considerare cattolico. – Che Egli può sciogliere dalla fedeltà i sudditi dei principi iniqui – Che il Papa non può essere giudicato da alcuno. – Che nessuno possa condannare chi si è appellato alla Santa Sede. – Che tutte le maiores cause, di qualsiasi chiesa, debbano essere portate davanti al Papa. – Che la Chiesa Romana non ha mai errato; né, secondo la testimonianza delle Scritture, mai errerà per l’eternità. |
In tutta risposta Enrico IV fece deporre i vescovi tedeschi fedeli al papa. Gregorio VII quindi non esitò a scomunicarlo, provocando la rivolta dei suoi feudatari.
Bisogna ricordare che se l’imperatore veniva scomunicato, i suoi sudditi non eran più tenuti a versare le tasse.
L’imperatore, esautorato agli occhi dei suoi sudditi, fu costretto a implorare il papa affinchè revocasse la scomunica. Il papa era allora ospite a Canossa presso il castello di Matilde di Canossa. Era il 1077 e il potere laico si piegava al potere ecclesiastico.
Ma il conflitto tra papato e impero non terminò qui, ma si protrasse ancora anni.
Il concordato di Worms
L’atto conclusivo dl tale conflitto avvenne soltanto nel 1122, quando Enrico V e il papa Callisto II (1119-1124) stipularono il concordato di Worms.
Concordato di Worms 1. L’imperatore rinuncia a ogni intervento nell’elezione del pontefice. 2. L’investitura spirituale dei vescovi con il pastorale e l’anello, simboli della consacrazione religiosa, viene fatta solo dal papa. 3. L’imperatore poteva aggiungere l’investitura temporale con la spada, simbolo del potere politico, solo per i vescovi-conti. In Germania, la consacrazione temporale doveva precedere quella religiosa, per rafforzare il potere imperiale sui signori laici, mentre in Italia l’investitura temporale doveva essere successiva a quella ecclesiastica, per non sminuire il potere del papa. |
Pur trattandosi di un accordo di compromesso, il concordato permetteva al papato di stabilire un primato su tutta la gerarchia ecclesiastica e di esercitare il proprio potere su un territorio vastissimo.
Con lo scambio dei documenti che attestavano i patti intervenuti a Worms nel settembre del 1122, fra l’imperatore Enrico V e il papa Callisto II, in materia di investiture ecclesiastiche, si poneva termine a quella che fu detta appunto «lotta delle investiture», iniziatasi dallo scontro fra Gregorio VII ed Enrico IV.
Video lotta per le investiture
Rispondi
- A quale accadimento si fa risalire l’origine del conflitto tra impero e papato?
- In che cosa differiva il nuovo Sacro Romano Impero di Ottone I rispetto a quello di Carlo Magno?
- Quale vantaggio dava al potere imperiale la nomina dei Vescovi-conti?
- Quale fu l’effetto di tale provvedimento sulla Chiesa?
- Come può essere definita la cosiddetta “lotta per le investiture“?
- Quali forze cercarono di opporsi alla decadenza della chiesa?
- Quale fu l’obiettivo del Dictatus papae?
- Che cosa sancì il Concordato di Worms?