Concetto di rivoluzione
Che cosa si intende con la parola Rivoluzione? Si intende un cambiamento totale, duraturo nel tempo, che segna una netta rottura col passato.
Una rivoluzione può essere pacifica o violenta. È pacifica quando la svolta si realizza grazie alle idee e all’impegno umano. È violenta quando il cambiamento si realizza grazie a masse di uomini che si ribellano e rovesciano un sistema sociale o politico per fondarne un altro. In entrambi i casi i cambiamenti sono irreversibili, destinati a durare nel tempo. La rivoluzione è sempre considerata uno spartiacque che divide un prima da un dopo.
Molte sono le rivoluzioni che hanno segnato la storia dell’uomo. In questo capitolo parliamo delle rivoluzioni che sono avvenute in Europa nel Settecento. Nel corso del Settecento in Europa ci sono state quattro rivoluzioni due pacifiche e due violente. Le due rivoluzioni pacifiche furono l’Illuminismo – che definì i valori che ispirarono le due rivoluzioni violente – e la rivoluzione industriale, mentre le due rivoluzioni violente furono la rivoluzione americana prima e la rivoluzione francese poi.
Contesto storico
Tra il Settecento e l’Ottocento in Europa si assiste ad un notevole incremento demografico. Si stima che la popolazione europea sia aumentata circa del 60% nel corso del XVIII secolo.
Tale fenomeno è dovuto al declino mortalità, favorito anche dalla scomparsa della peste, dall’aumento della natalità consentito anche dal miglioramento condizioni economiche e dall’ampliamento di varietà alimentari.
Aumento della produzione agricola
Nel corso del Seicento si assiste ad un sensibile aumento della produzione agricola. L’ampliamento delle aree coltivate e l’acquisizione di nuove tecniche di produzione agricola, permettono alle campagne europee di alimentare progressivamente una popolazione crescente. Prima si produceva il frumento solo per i ceti elevati. Infatti con esso si produceva il pane bianco, destinato esclusivamente ai ricchi. La misera alimentazione contadina conosceva solo la segale – che dava un pane nero – e i cereali – come orzo, avena e sorgo – con cui si facevano zuppe e si alimentava il bestiame.
In seguito alla scoperta dell’America, nel corso del Seicento arrivano in Europa nuove colture destinate a rivoluzionare l’alimentazione degli europei. Zucchero, tè, cacao e caffè sono alimenti destinati solo ai ceti più elevati, mentre mais e patate diventano il nuovo alimento per il popolo. Questi prodotti, che hanno un rapporto semente – prodotto molto più elevato rispetto ai cereali tradizionali, hanno cioè una maggior resa, diventano la base dell’alimentazione delle popolazioni europee. La diffusione di questi alimenti costituisce un’integrazione importante nella dieta delle masse e allontanando lo spettro della carestia.
In aggiunta, nel corso del secolo nei Paesi Bassi, in Germania e in Italia si diffonde anche la coltura del tabacco, che non ha valenza alimentare, ma grande importanza a livello economico.
Ampliamento aree coltivate
In Inghilterra tra Sei e Settecento maturano due trasformazioni fondamentali: la dissoluzione del sistema dei campi aperti e la sostituzione della rotazione triennale con forme di rotazione pluriennale che risultano più produttive.
Dai campi aperti alle recinzioni
Nel sistema dei campi aperti il paesaggio agricolo era costituito da un mosaico di appezzamenti che appartenevano a diversi proprietari; accadeva quindi che un proprietario potesse avere anche campi molto distanti tra loro. Inoltre a fianco di questi campi privati trovavano spazio le terre comuni, cioè terre che appartenevano alla comunità. In esse i contadini potevano pascolare fare legna e pescare. A raccolto concluso, i campi venivano aperti a tutti gli abitanti della zona per la spigolatura e per il pascolo. Questo sistema, benché la proprietà delle terre fosse individuale, riproduceva il modello di un’agricoltura comunitaria: infatti la possibilità della spigolatura a fine raccolto e la presenza delle terre comuni, garantivano anche ai più poveri una fonte di sopravvivenza.
Nel corso del Seicento in Inghilterra si assiste a un’innovazione del sistema agricolo: per aumentare le possibilità di produzione del suolo si cominciano ad accorpare le terre e a delimitare le con dei recinti. Questa razionalizzazione delle proprietà favorisce innovazioni e investimenti da parte degli imprenditori agricoli, ma va a scapito della popolazione più povera.
Dalla rotazione triennale alla rotazione pluriennale
Per garantire la produzione, per evitare l’esaurimento dei terreni il sistema agricolo tradizionale prevedeva una rotazione triennale. Una parte dei campi veniva seminata a cereali invernali – frumento e segale – una seconda parte a cereali primaverili – orzo e avena – una terza parte veniva lasciata riposare a maggese. Le coltivazioni poi venivano fatte ruotare in modo che nell’arco di un triennio ciascun campo completasse il ciclo.
Nel corso del Seicento in Inghilterra, oltre alla razionalizzazione dei terreni viene introdotto anche un nuovo sistema di rotazione. Si passa quindi dalla rotazione triennale alla rotazione pluriennale – dai 6 ai 12 anni. Il terreno a riposo (maggese) viene coltivato a con piante foraggere – erba medica o trifoglio – che erano destinate al nutrimento del bestiame.
In questo modo si ottengono due risultati importanti: la rigenerazione del suolo e la produzione di foraggio per il bestiame. Inoltre lo sviluppo dell’allevamento fornisce energia per i lavori agricoli, carne e latte per l’alimentazione, concimazione dei terreni. In questo periodo si realizza l’integrazione tra la cerealicoltura e l’allevamento. Tali innovazioni avvengono prevalentemente in Gran Bretagna, nei Paesi Bassi, in Danimarca, nella Pianura Padana e in Germania Settentrionale. Invece in Francia, in Europa orientale e nell’area mediterranea, dove prevale il latifondo o piccola proprietà contadina, l’agricoltura rimane caratterizzata da sistemi tradizionali.
Manifattura dispersa
L’economia del Settecento registra dei progressi significativi anche nella trasformazione delle materie prime in prodotti destinati al mercato. Qualche storico ha definito protoindustria le attività manifatturiere sviluppatosi in quel periodo. Nel corso dell’epoca moderna il settore tessile era caratterizzato da un sistema definito manifattura dispersa. Il modello prevedeva che un mercante imprenditore, che acquistava le materie prime, le affidasse in lavorazione a famiglie contadine, per poi ritirare e vendere il prodotto finito.
Questo sistema rispondeva sia alle necessità della famiglia rurale – che poteva così integrare i propri redditi occupando il tempo del lavoro libro dei campi o mettendo all’opera anziani, donne e bambini – sia alla convenienza dell’imprenditore che sfruttava la manodopera un costo minore rispetto a quella artigianale. Il sistema artigianale era infatti legato alle corporazioni, era sottoposto a regole molto rigide e aveva costi elevati. L’industria a domicilio invece presenta una flessibilità maggiore in quanto la produzione può essere accresciuta o ridotta a seconda delle esigenze del mercato.
Economia mondo europea
Nel corso del Settecento si assiste alla crescita e alla dilatazione degli scambi commerciali. Il sistema commerciale si sta ampliando sul globo e l’Europa è al centro di questo fenomeno. L’Europa nord-occidentale infatti controlla commercialmente e politicamente tutto il resto del mondo. I paesi extraeuropei sono posti in condizione subordinata e forniscono ai paesi europei non solo materie prime, ma anche prodotti a basso costo. Possiamo quindi dire che durante il XVIII secolo l’Europa non era solo il continente più ricco del pianeta, ma era anche il centro economico e politico della terra.
A questo proposito è importante considerare che lo sviluppo dei commerci mondiali del Settecento è oggi considerato come una tappa fondamentale della globalizzazione grazie all’integrazione degli scambi commerciali a livello planetario. La globalizzazione non è quindi un fenomeno degli ultimi decenni ma un processo evolutivo caratteristico dell’intera età moderna.
Se guardiamo all’Europa vediamo che al suo interno i paesi sono organizzati in maniera gerarchica: alcuni paesi sono in declino e altri stanno diventando delle potenze economiche.
Tra le principali economie europee si assiste in quegli anni a una competizione accesa per il controllo di quote sempre più ampie di mercati internazionali. La competizione riguarda non solo l’ambito economico ma anche quello politico e militare. I governi dell’epoca seguono la dottrina del mercantilismo. Il mercantilismo è una dottrina economica fondata sul principio che la ricchezza di un paese si identifica con la quantità di moneta posseduta (in oro e argento). Per questo lo stato deve favorire in ogni modo i propri commerci a scapito delle potenze concorrenti; viene quindi attivata una politica protezionistica, da parte dello stato, nei confronti delle importazioni: si alzano forti barriere doganali e si impongono con la forza condizioni commerciali.
La competizione per il controllo dei mari nel corso del Settecento porta a una ridefinizione della gerarchia delle potenze economico-commerciali del vecchio continente: nel XVIII secolo Francia e Inghilterra aumentano il loro a scapito dell’Olanda, della Spagna e del Portogallo.
L’Olanda nel Seicento aveva vissuto il suo secolo d’oro, era diventata la maggior potenza commerciale del pianeta, ma nel Settecento inizia il suo declino. La Spagna e il Portogallo, che avevano dei grandi imperi coloniali, non seppero trasformare la ricchezza proveniente dalle Americhe in nuova ricchezza. Infatti la quantità di metalli preziosi che arrivava dal centro e Sud America non venne investita per creare nuova ricchezza, ma venne “bruciata” per coprire le spese dello stato e per pagare le importazioni di manufatti.
La Francia e l’Inghilterra invece seppero utilizzare i prodotti coloniali come materie prime o come merci di esportazione, invece che utilizzare e “spendere” le ricchezze importate, seppero trasformare le risorse del loro impero coloniale in ulteriore ricchezza.
Il commercio triangolare
Nel corso del Settecento Francia e Inghilterra sostituiscono l’Olanda e i paesi iberici nel dominio sui traffici atlantici. Ma eliminati gli antagonisti in declino, la nuova gerarchia stabilita nei commerci internazionali mette inevitabilmente in contrasto la Francia e la Gran Bretagna. Il conflitto tra le due potenze è il prolungamento oltre oceano di guerre che si combattono sul continente europeo. Questa è una delle novità nelle vicende politiche europee di quell’epoca: le colonie assumono un ruolo strategico e i conflitti europei si allargano al di fuori dei confini del vecchio continente. Il conflitto tra Francia e Inghilterra si conclude dopo la guerra dei Sette anni con la sconfitta della Francia e viene sancito il primato inglese in Nord America.
Nel corso del Settecento molti furono gli scambi che unirono i diversi continenti intorno al l’oceano Atlantico, ma il più importante di questi scambi è il cosiddetto commercio triangolare che univa Europa Africa e Antille e che aveva alti profitti nella tratta degli schiavi africani.
La schiavitù oggi
La schiavitù oggi non è più legale, nel nostro mondo, mentre nell’antichità la schiavitù era considerata legittima.
Cosa si intende per schiavo? Chi è schiavo?
Colui che …
- non ha personalità giuridica e civile
- non gode di libertà personale
- è proprietà di un padrone alla cui volontà deve adeguarsi in ogni campo della vita
Il commercio triangolare, che è stato causa di una catastrofe demografica in Africa, è stato un ottimo affare per diverse categorie di persone:
- mercanti, razziatori neri che, con la collaborazione dei gruppi dirigenti africani, vendevano ai bianchi gli schiavi che erano prigionieri di guerra o abitanti delle aree interne rapiti;
- i regnanti africani che venivano pagati in armi usate per sottomettere le popolazioni vicine: i signori della guerra africani combattono con armi europee le loro guerre di predominio.
Nel corso del Settecento il pensiero liberale e l’Illuminismo si sono opposti progressivamente allo schiavismo perché si era fatto strada il concetto di diritti umani.